mercoledì 6 febbraio 2019

DISCO DI REN ZEN "SE ASCOLTASSI"

“Se ascoltassi” è il primo disco di Ren Zen. Scritto, prodotto e interpretato dall’autore, poeta e cantautore italiano,
l’album raccoglie 11 brani che hanno come filo conduttore l’ascolto e l’invito a vivere il presente tipico dello Zen (non
a
caso
in
copertina capeggia una figura meditante immersa nella natura).
Apre l’opera il singolo ‘Electrozen’, canzone quasi
dance
che mira al senso stesso dell’esistenza e si rivolge
direttamente all’ascoltatore, al suo ego e alla sua anima per invitarlo ad unirsi alla tribù Ren Zen. Quasi un elettroschock
musicale, che si apre però con un crescendo di respiro: da subito si trova lo strumento principe per il benessere
individuale (la corretta respirazione appunto e il guardare dentro se stessi). Come per chiudere un cerchio, l’album
finisce con il
bonus track
‘Questo momento’, nuova versione
dance
di un vecchio brano nato da una poesia del primo
libro di Renzo Maggiore (“Aurora spirituale”, Sovera, Roma), che può esser inteso come la sintesi finale che racchiude
il semplice messaggio del vivi “qui ed ora”. In mezzo, si apprezzano altri nove brani dalle varie colorature e ritmiche,
tenuti assieme dalla voce baritonale del poeta interprete (con diversi brevi intermezzi parlati) e da un percorso volto
all’evoluzione spirituale dell’autore e dell’ascoltatore insieme. ‘Voglio parlare a te’ è una chiara dichiarazione d’intenti
e si rivolge soprattutto ai giovani che “hanno la vita davanti/come un’autostrada o una salita a tornanti” con l’invito
all’autodeterminazione dopo la presa di coscienza che la vera causa della sofferenza sta dentro di noi. Nella terza
traccia, Ren Zen dona cenni di autobiografia elogiando ‘L’Arte povera’ di tutti quegli artisti che fanno fatica a sbarcare
il lunario: “l’arte povera mi scorre nelle vene/quanto misere vi sembrano le mie emozioni...” è l’incipit del ritornello di
una ballata che fa l’occhiolino ai classici cantautorali e fa storia a sé anche nella scelta degli strumenti (l’ukulele in
primis) volta ricordare la semplicità delle esecuzioni di strada. ‘Giovane Giulio’ ricorda un ragazzo morto suicida e si
chiede - trattando un tema tragico con grande leggerezza e senza retorica – ‘ma che cos’è questo male
d’anima/c’affligge senza remora’. Una delle spiegazioni sta a metà disco, nel brano (l’unico terzinato) che dà il titolo
all’album. Le dinamiche famigliari possono provocare traumi e blocchi emozionali difficili da gestire se si è privi degli
strumenti che l’autore – in qualità di formatore e consulente – insegna e propone: la competenza del ‘Saper essere”
(l’omonimo manuale di Renzo Maggiore è edito dalla Chiado di Lisbona) consiste nel saper gestire le proprie e altrui
emozioni, nella capacità di comunicare con empatia ed efficacia, nel conoscere i processi di apprendimento e di
motivazione, nello sviluppare la propria originale creatività... “Se ascoltassi le parole senza muri tra di noi” è una frase
dell’orecchiabile ritornello che rende quasi banale un approccio così difficile da adottare nella realtà. Solo su questa
canzone si potrebbe tenere un seminario.
Al giro di boa, cambia nuovamente la musica con ‘L’anima nel cemento’, che è il brano più ‘dark’ dell’album: nell’intro
si trova quel caos cittadino che ci svia dal nostro centro fino a portarci all’autolesionismo (“somiglio a un ologramma
senza colori né stemma/l’anima in bianco e nero/è offuscato il sereno”). L’autore va a fondo nella sofferenza propria e
di un’intera generazione, ma - attenzione! – ‘Se ascoltassi’ è tutt’altro che un disco pessimista o negativo; al contrario,
parte dalle cause del dolore per approdare alla luce della saggezza, indica come uscire dal baratro (che è lì davanti a noi)
attraverso la conoscenza di se stessi e la fede. In ‘Amico fidati’ infatti si ritorna – con una base elettronica dal sapore un
po’ retrò - al focus sulle cose buone della vita, ai tanti esempi che ci circondano; ancora un forte invito a “riprendersi
nelle mani questa vita”, a non cedere “ai falsi miti”, a seguire invece la propria profonda natura, a fidarsi. Ed ecco che,
tornando all’Origine, si trova l’Amore: nella gioiosa ballata ‘La Luna incomincia a chiedersi’ ... “se io fossi veramente
innamorato/cieco/di un angelo...” c’è la letizia, ma anche il dubbio dell’innamoramento (che sia soltanto un fatto
mentale?), ma – come in tutte le canzoni d’amore – si parla di un rapporto tra due persone che in fondo non è altro che
una metafora dell’incontro tra l’io e la propria anima, tra il lato maschile e quello femminile, il Tao della vita che
include luce ed ombra, carica positiva e negativa, tutti gli opposti che danzano, a volte scontrandosi, nel vortice
energetico dell’Universo. Ed è alla dimensione mistica che approda infine Ren Zen nel suo incantevole ‘Canto di
primavera’, dove a prevalere è la leggerezza (“ho poggiato a terra lo zaino d’ogni peso mio”), l’immersione in una
Natura che dona pace “nel giardino dello spazio infinito di tutti gli uomini”. Per mezzo di questa ‘pausa meditativa’, “si
schiudono galassie e nuove vie” nella sorprendente ‘Le comete sognano’: alla ricerca di “antiche dinastie”, ci si libera
degli orpelli per dirigersi – come su un’astronave – verso il bagliore delle stelle, per scoprire in conclusione che tutto è
Uno. Il trionfo appunto dello Zen. Chi ascolta e legge con attenzione entrerà naturalmente nello spazio senza limite
della ‘tribù zen’ dove la condivisione è naturale così come la gioia di vivere.

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